- La problematica del sardo
1.1 Introduzione
Il sardo è una lingua neolatina parlata nella seconda isola più grande d’Italia, la Sardegna. Nonostante sia possibile dargli una collocazione geografica ben precisa, il sardo rimane, tuttavia, ancora una lingua in via di sviluppo, in altre parole un work in progress che racchiude in sé molte problematiche: una ricchezza e un repertorio storici senza eguali da un lato e delle complicazioni circa la sua standardizzazione dall’altro.
Un mito da sfatare, soprattutto per i non addetti ai lavori, è che non si tratta di un dialetto. Come affermava, infatti, Wagner nel 1980:
[Il sardo] è, politicamente, uno dei tanti dialetti dell’Italia, come lo è anche, p. es., il serbo-croato o l’albanese parlato in vari paesi della Calabria e della Sicilia. Ma dal punto di vista linguistico la questione assume un altro aspetto (…) si deve considerare una lingua per il fatto stesso che la lingua sarda non è confondibile con nessun’altra, e come tale viene ora considerata da tutti i linguisti, allo stesso modo che al retoromancio, che pure non può vantare un’indipendenza politica, si concede questa qualifica. (Wagner 1980)
Dal 1999 il sardo è considerato, anche politicamente, una lingua minoritaria che deve essere tutelata al pari di tante altre presenti in Italia. Tuttavia, una volta superata la problematica concettuale, ne rimane un’altra, ovvero la considerazione che viene data al sardo dal punto di vista pratico, a partire dalla standardizzazione fino allo status che viene ad assumere nella sfera pubblica della società. Come afferma Bolognesi, riportando le parole di Einar Haugen, “una lingua è un dialetto con alle spalle un esercito e una flotta”. La domanda che viene da porci è quindi la seguente: ma è proprio così per il sardo? Può il suo esercito definirsi abbastanza forte e provvedere alle sue necessità di affermazione? Affronteremo la questione dapprima con un’introduzione storico-linguistica, poi con un’analisi pratica del sardo come lingua attiva negli spazi pubblici (in strada) e nel web.
1.2 Cenni storici
Bolognesi (2013) distingue quattro fasi principali del sardo: dal monolinguismo alla dialettizzazione e dal bilinguismo con diglossia al bilinguismo verticale. Il monolinguismo si riferisce al periodo in cui il sardo era l’unica lingua parlata dalla popolazione; si passa poi a una fase di dialettizzazione, a partire dal 1410, quando il Regno di Arborea si arrese alle truppe catalano-aragonesi; si arriva quindi alla fase del bilinguismo con diglossia, in cui il sardo sopravvive insieme alla lingua dominante; infine, si giunge al bilinguismo verticale, fase in cui la nuova lingua dominante, l’italiano, diventa L1 e comincia a sostituire il sardo anche in situazioni informali.
Una data significativa è il 1760, anno in cui l’italiano diviene lingua ufficiale del Regno di Sardegna. Tuttavia, la dominazione dell’italiano (con conseguente marginalizzazione del sardo) viene fatta risalire da Bolognesi, per ovvi motivi, agli anni 1960-70, periodo in cui l’italiano raggiunge una forte espansione grazie alla diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione, in primis televisione e radio. Bolognesi parla, inoltre, di un recente processo di risardizzazione: a partire dalla legge regionale n. 26/97, seguita dalla legge nazionale n. 482 del 1999, il sardo diventa di nuovo lingua attiva nella vita pubblica dei sardi, i quali cominciano seriamente a preoccuparsi della sua tutela. Nel 1973 esce il settimanale Su Populu Sardu e sempre intorno a quegli anni si comincia a pubblicare prosa in sardo. Inoltre, negli ultimi decenni, il sardo trova un suo posto anche nel web, diventando soprattutto lingua di portali e siti di informazione. Allo stesso tempo, però, è anche attraverso il web che traspare la problematica del sardo di cui si è parlato nell’introduzione.
Non possiamo, dunque, che essere d’accordo con Ferrer quando parla del sardo come “lingua in via di elaborazione incipiente con una marcata subalternità rispetto all’italiano”, riconoscendone tuttavia “una letteratura moderna assai ricca … uno stuolo di riviste e giornali che impiegano parzialmente o totalmente il sardo, delle rappresentazioni teatrali e dei programmi televisivi e radiofonici e addirittura alcuni testi scientifici nella lingua autoctona” (Ferrer 1986).
1.3 Frammentazione del sardo
Una questione fondamentale del sardo, non risolta del tutto, riguarda la sua frammentarietà. Come afferma Dedola:
“Le parlate dialettali, pur essendo fondamentalmente due (vedi cartina), sono suddivise in almeno otto sub-dialetti, alcuni talmente diversi tra loro che i rispettivi parlanti, nei casi più stridenti, non si capiscono a vicenda, o si capiscono male. Tale è il gallurese contro il campidanese, il nuorese contro il campidanese e contro il gallurese. Tutto ciò a prescindere dai dialetti speciali come il carolino e l’algherese” (Dedola 2012).
In generale, è dopo l’Impero bizantino (il declino cominciò intorno al 700), contemporaneamente alla costituzione di autogoverni separati, che si è permessa l’evoluzione autonoma delle parlate. Tanto che nel 1861, “[c]on l’Unità d’Italia, la Sardegna emerse alla storia nazionale come un’autentica babele dialettale, la quale ai due macro-dialetti maturati durante i Giudicati sommava il sassarese-gallurese e una pletora di micro-dialetti … a [loro] volta spezzettat[i] in microvarianti, quasi una per ogni centro abitato” (ibid.).
Contini fa inoltre notare la differenza tra il sardo delle regioni settentrionali e montane, dove la parlata è rimasta simile al latino, e il sardo meridionale (campidanese), il quale ha subito maggiori variazioni. Riporto, quindi, una tabella con alcuni termini proposti dallo stesso studioso (ibid.), attraverso i quali è possibile intravedere la tendenza a un sistema dualistico:
Latino |
Sardo centrale |
Logudorese occ. |
Sardo meridionale |
Italiano |
COCHERE |
cochere |
coghere |
coi(ri) |
cuocere |
NIVE(M) |
nive/nibe |
nie |
ni |
neve |
PEDE(M) |
pede |
pe |
pei |
piede |
PISCE(M) |
pische |
[piççe] |
pisci |
pesce |
UNG(U)LA(M) |
ungra |
ungia |
unga |
unghia |
VERVECE(M) |
verveche |
aiveghe |
brebei |
pecora |
Tuttavia, non mancano i commenti di coloro che si dichiarano ottimisti e vedono nel sardo la possibilità di unificazione, ammettendo che “i sardi si capiscono bene tra di loro perché i diversi dialetti conservano una comune grammatica per l'essenziale” (Lilliu in Contini).
Fino ad oggi vi sono stati due principali tentativi di standardizzazione, uno nel 2001, con la pubblicazione delle norme della Limba Sarda Unificada, e l’altro nel 2006 con il progetto Limba Sarda Comuna, le cui regole ortografiche sono state utilizzate dalla Regione Sardegna per la redazione di documenti ufficiali. Leggendo il documento del 2006 (reperibile sul sito della regione), però, si capisce che si tratta ancora di un tentativo sperimentale mirato all’utilizzo di un sardo uniforme a livello amministrativo regionale (nell’ambito di questo progetto è stato pubblicato anche un glossario del sardo giuridico-amministrativo); ma come tentativo sperimentale non può e non vuole trovare una soluzione finale al problema della standardizzazione:
non risulta facile superare le difficoltà di trovare una soluzione totalmente coerente e perfettamente bilanciata tra tutte le varietà e capace di mediare perfettamente differenze linguistiche con l’esigenza di unità e universalità. (…) Perciò nell’individuazione di una Limba Sarda Comuna, ci si riferisce solo a questa lingua “sarda” unica anche se composta da tante varietà. Essa, pertanto, non vuole né sostituirsi né imporsi sugli altri idiomi della Sardegna, come giustamente e correttamente fa, dal punto di vista linguistico e giuridico, la Legge regionale n. 26 del 1997, senza nulla togliere a questi idiomi, anzi riconoscendo loro lo stesso livello di tutela e promozione.
(Norme linguistiche di riferimento a carattere sperimentale per la lingua scritta dell'Amministrazione regionale, documento del 18 aprile 2006)
Nonostante tutto, l’interesse per la promozione e la difesa della lingua sarda continua e, di volta in volta, vengono registrati piccoli progressi fatti dalla Regione, i quali farebbero ben sperare. Tra i progressi più recenti ricordiamo il passaggio di ulteriori competenze dal governo centrale a quello locale nel dicembre 2015:
(ANSA) - CAGLIARI, 4 DIC -Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legislativo per il trasferimento delle funzioni in materia di tutela della lingua e della cultura delle minoranze linguistiche storiche nella Regione. Nello specifico - spiega un comunicato della presidenza del Consiglio - il decreto disciplina il trasferimento dell'esercizio delle funzioni amministrative in materia di tutela della lingua e della cultura delle minoranze sarda e catalana alla Regione, nonché l'esercizio di specifiche competenze legislative. (continua a leggere)
Passeremo, nei capitoli successivi, ad occuparci del sardo in maniera più pratica.
1.4 Alcune statistiche
Sempre nell’ambito del progetto Limba Sarda Comuna, la Regione ha finanziato una ricerca sociolinguistica svolta dall'Università di Cagliari su un campione di oltre 2300 persone, il cui scopo principale è stato registrare la vitalità del sardo (o meglio, delle parlate sarde). Il rapporto finale è stato pubblicato nel 2007 e, oltre ad analizzare le statistiche, ne interpreta i dati e propone una valutazione sulla lingua. Di seguito riporto alcuni dati statistici rappresentativi:
- il 97,3% dei sardi ha una conoscenza almeno passiva di una varietà di sardo (il 68,4% lo usa attivamente);
- la percentuale dei parlanti effettivi varia soprattutto a seconda dell'età, istruzione, contesto di provenienza e contesto comunicativo (meno per classe sociale e sesso);
- gli usi maggiori sono: con i nonni (contesto familiare), con gli amici (contesto extrafamiliare), al bar (contesto informale) e per fare umorismo, esprimere rabbia o imprecare (punto di vista pragmatico);
- vi è una tendenza a usare l’italiano in contesti extrafamiliari istituzionali o formali (a scuola, in chiesa, con il medico di famiglia e negli uffici del Comune);
- vi sono differenze sostanziali tra centri maggiori (città) e centri minori, ma anche tra generazioni (si parla il sardo di più con i nonni e meno con i figli);
- tra le situazioni comunicative in cui si preferisce l’italiano vi sono: pregare, salutare e fare auguri o condoglianze.
Importante notare che, restringendo il campo nelle due aree linguistiche maggiori (campidanese e logudorese), il sardo risulta ancora di più lingua attiva, con un picco del 76% di parlanti attivi logudoresi. Tuttavia, i dati fin qua riportati riguardano l’oralità del sardo, che non presenta particolari problemi. Sono i dati della competenza scritta che, oltre a rispecchiare il problema della standardizzazione, possono essere motivo di preoccupazione per il futuro della lingua. Tra gli intervistati con competenza attiva, infatti, il 65,7% legge in sardo e solo il 18,9% lo usa per scrivere.
Tra i problemi principali vi è la questione dello status, già menzionata prima e che rappresenta una causa diretta della tendenziale ritirata del sardo:
da lingua prevalente nella socializzazione secondaria (scuola, chiesa, lavoro, ecc.) l’italiano si è trasformato nella lingua adottata dai genitori per educare i figli ad esprimersi, anche in ambito familiare. Questa scelta non deve stupirci. (…) Adottando l’italiano come lingua della socializzazione primaria, i genitori sardi hanno modificato più di chiunque altro lo status di questa lingua, che è diventata la lingua che i bambini vedono come quella che è più naturale parlare, l’elemento più oggettivo della realtà linguistica. (Rapporto finale 'Le lingue dei Sardi')
Sono tuttavia dell’opinione che una riduzione del sardo nella vita pubblica non riguardi automaticamente tutti i suoi ambiti, ma principalmente quelli di “potere”. Altri ambiti, come quello della segnaletica stradale, dell’arte (in primis di strada) o del web possono essere esclusi da questo processo di riduzione o, addirittura, diventare il campo perfetto per la valorizzazione della lingua e del patrimonio linguistico-identitario ad esso associato. Questo aspetto sarà approfondito dal prossimo capitolo.
- Il sardo negli spazi pubblici
2.1 Macro- e microtoponomastica
Molto importante per analizzare il rapporto tra lingua e territorio è la toponomastica. Non mi cimenterò né in analisi dettagliate né in digressioni di tipo storico, sia per mancanza di tempo sia perché non è lo scopo di questo saggio. Tuttavia, l’argomento ci servirà per parlare in modo più approfondito della segnaletica, o più in generale, dell’utilizzo contemporaneo del sardo come lingua di demarcazione territoriale.
Se apriamo una cartina della Sardegna nel web e confrontiamo i nomi delle città o località più estese con quelli dei centri meno popolati o rurali, notiamo nel primo caso toponimi italianeggianti, mentre nel secondo caso una tendenza a toponimi autoctoni, spesso scritti seguendo l’ortografia della lingua locale e per i quali sarebbe necessaria la pronuncia di un parlante nativo per una lettura corretta: Putzu Idu, Fordongianus, Segariu, Setzu, e molti altri. Questi ultimi, come nota Dedola, svelano una storia di toponimi spesso autogestiti:
In Sardegna sono pochi i toponimi forgiati per volontà dei potenti … Sono stati sempre i poveri ed i subalterni a creare i nomi di luogo. I poveri hanno materialmente vissuto nel territorio e lo hanno parcellizzato e riparcellizzato con le proprie mani secondo coordinate nominali accettate e memorizzate, utili a percorrerlo, a misurarlo, a lavorarci, a esprimere le singole professioni o anche, dov’era necessario, le manifestazioni corali e religiose. (Dedola 2012)
Molti toponimi, soprattutto per le località più grandi, sono stati successivamente italianizzati, ma ciononostante, nella segnaletica attuale assistiamo talvolta a un revival di toponimi nella lingua locale. Di seguito ne vengono riportati alcuni esempi.
Fig. 2 | Fig. 3 |
Fig. 4 |
Fig. 5 |
Fig. 6
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Fig. 7 |
Fig. 8 | Fig. 9 |
Il fatto che compaiano sempre più cartelli bilingue (o addirittura monolingue, con il solo toponimo in lingua locale, come in fig. 3 e 4, e trilingue, con la grafia di ben due parlate locali, come in fig. 6) è significativo perché registra un interesse crescente a delineare il proprio territorio con la lingua di appartenenza, previsto anche da un comma della sopra citata legge regionale 26/97:
Art.24
Interventi per il ripristino dei toponimi in lingua sarda
1. L' Amministrazione regionale agevola, attraverso contributi agli enti locali, le ricerche sui toponimi in lingua sarda e il ripristino degli stessi, anche mediante l'installazione di cartelli stradali che contengano i nomi originari delle località, delle vie, degli edifici e di tutto quanto è significativo nella memoria storica dei Comuni. In tali casi le suddette indicazioni andranno ad aggiungersi a quelle esistenti in lingua italiana.
Tuttavia, anche in questo caso, non si tratta di un fenomeno omogeneo o sempre largamente accettato (in Alto Adige, al contrario, la toponomastica bilingue è ormai la normalità), e anzi, ha trovato anche momenti di contrasto, per esempio nella recente direttiva del Ministero delle Infrastrutture italiano, in cui si chiedeva a tutti i comuni sardi di seguire il regolamento centrale e di eliminare il toponimo sardo all’inizio e alla fine del centro abitato (qui un articolo dell'Unione Sarda). La circolare ministeriale risale al 2013 ed è stata causa di diversi dibattiti, soprattutto da parte di chi ha a cuore la questione linguistica in Sardegna. Tra le reazioni più forti scoppiate nel web, particolarmente interessante è quella di un gruppo “amatoriale”, di non addetti ai lavori, che è riuscito a cambiare la maggior parte dei toponimi dall’italiano al sardo su Google maps (con l’ausilio di un’applicazione Olbia si è trasformata in Terranoa, Cagliari in Casteddu, Sassari è diventata Tàtari e Oristano, Aristanis), fino a che un mese dopo la stessa Google li ha dovuti ripristinare nelle loro versioni italiane. Sotto uno screen shot della cartina modificata (per maggiori informazioni è disponibile un articolo del Corriere).
Fig. 10
Altri fenomeni recenti, nell’ambito di un revival della lingua sarda, riguardano i nomi delle vie e i cartelli turistici. Nelle immagini seguenti riporto alcuni degli esempi più interessanti.
Fig. 11 (Nuoro)
Fig. 12 (Alghero)
Fig. 13 (Perfugas, SS)
Fig. 14 (Pozzomaggiore, NU)
È possibile, inoltre, imbattersi in iniziative nuove, per esempio campagne di sensibilizzazione per l’ambiente, come quella messa in atto dal comune di Fluminimaggiore nella provincia di Carbonia-Iglesias. Il comune ha ideato alcuni cartelli plurilingue (fig. 15) da esporre in alcuni punti naturali di interesse turistico, con lo scopo di invitare al rispetto dell’ambiente, e ha usato il sardo come lingua principale dei suoi slogan (sotto il sardo compaiono, in ordine, le traduzioni in italiano, inglese e spagnolo); e sempre nella provincia di Carbonia-Iglesias sono stati addirittura installati rilevatori di velocità che, al momento del superamento dei 50 km/h consentiti, richiamano all’ordine con una scritta ad apparizione che recita “rallenta a pagu” (rallenta un po’).
Fig. 15 (Fluminimaggiore, CI)
Fatto salvo per la fig. 12, che riguarda la varietà algherese di catalano (la quale ha poco a che vedere con la questione del sardo), riemerge, nel resto dei casi, una forte affermazione della propria parlata locale che spesso non trova corrispondenza con le regole ortografiche proposte nel 2006 nell’ambito del progetto Limba Sarda Comuna. Se infatti digitiamo le parole, così come riportate sui cartelli, nel correttore ortografico sardo offerto sul sito web della Regione, otteniamo il seguente risultato (in rosso le parole non riconosciute o con errori ortografici):
Fig. 16
Alcuni “errori” riguarderebbero l’uso delle doppie (la Limba Sarda Comuna riconosce soltanto le doppie b, d, l, m, n, r, s, ma non le doppie t e p in Puttumajore e Zoseppe), altri l’accento (munitzipiu, una parola tronca/ossitona, dovrebbe essere accentata, munitzìpiu), altri ancora riguardano l’ortografia di forme verbali o pronominali (deu fazzu è tipicamente campidanese, mentre secondo la Limba Sarda io faccio dovrebbe scriversi deo fatzo) e il lessico (fuba per calcio è una variante sasserese che non viene riconosciuta). Navigando tra le pagine del sito, è stata trovata anche un’altra versione del correttore automatico (curretore àteras variedades limba sarda, it. correttore di altre varietà di lingua sarda), il quale dovrebbe adottare regole ortografiche più estese (senza che venga specificato, però, cosa si intende per “estese”). Confrontando i nuovi risultati con quelli ottenuti prima, in ogni caso, non si notano grosse differenze e gli errori spiegati fin qua vengono di nuovo ritrovati in rosso nel secondo correttore (e per questo motivo non si ritiene necessario neanche riportarli).
Tornando ai cartelli e facendo un confronto tra quelli che presentano maggior testo (figure 13 e 15), notiamo quanto segue: nel primo caso (fig. 13) si tende a seguire quasi infallibilmente l’ortografia promossa dalla Regione, mentre nel secondo (fig. 15) siamo largamente al di fuori di queste regole. In generale, questa impressione sembrerebbe confermare l’impressione generale secondo cui la Limba Sarda Comuna è di “impianto dichiaratamente logudorese” (Ferrer 2011), quindi molto vicina alla varietà del sardo parlato al nord e non “perfettamente bilanciata” come era stato invece precedentemente affermato (v. capitolo 1.3.). In altre parole, le regole ortografiche del 2006 sembrerebbero facilmente applicabili in un contesto come quello di Perfugas, a Sassari (storicamente appartenente al territorio del Logudoro), e meno in quello della provincia di Carbonia-Iglesias, nell’estremo sud, in cui si parla la varietà campidanese, la quale ha sì delle proprie regole ortografiche di base, che si possono, tra l’altro, rinvenire nei toponimi locali. Ferrer, approfondendo questa problematica, asserisce che:
La situazione più recente (…) è di completa stasi e di ribellione da parte dei Campidanesi. La nuova Giunta Regionale non insegue più lo scopo di diffondere o imporre con regolamentazioni ad hoc l’uso della LSC [Limba Sarda Comuna] (…). Facendo ciò, tuttavia, s’apre un vuoto normativo, e viene a mancare un chiaro orientamento in seno all’amministrazione e alla scuola. (ibid.)
2.2 L’arte di strada (murales e graffiti)
Un altro aspetto da prendere in considerazione, che riguarda anch’esso il rapporto tra lingua e territorio, è quello dell’arte di strada, in cui il sardo trova un modo di esprimersi tutto particolare. Nello specifico, in alcune località della Sardegna è possibile trovare murales in lingua sarda, molto rappresentativi anche dal punto di vista culturale e identitario.
Fig. 17 (Montresta, OR) |
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Fig. 18 (Orgosolo, NU) |
Fig. 19 (Orgosolo, NU) |
Fig. 20 (Orgosolo, NU) |
Fig. 21 (Tinnura, OR) |
Fig. 22 (Nuoro) |
Un caso particolare è rappresentato da Orgosolo, nella provincia di Nuoro, un piccolo comune di poco più di 4000 abitanti che può vantare ben 150 murales sparsi per il paese (il primo murale pare risalga al 1969 dall’idea di un gruppo di anarchici). Per questo motivo è diventato anche meta di turisti curiosi. Non tutti i murales riportano delle scritte e talvolta compare la sola lingua italiana; ma svolgendo una prima ricerca nel web, sembra attendibile l’idea secondo la quale il sardo fungerebbe da lingua veicolare per la trasmissione di messaggi strettamente legati al territorio, spesso di protesta o denuncia sociale (sulla questione delle donne, su casi di omicidi o contro il governo centrale italiano, come si vede nei murales sopra). Sembra pertanto predominare una componente informativa ed educativa, la quale trova nel murale la massima forma di espressività:
Posters are designed to be ephemeral, for quick consumption and short duration, not to constitute artistic treasures to be preserved. Murals are more complex in visual impact. Duration can extend from several days to several years, depending upon the political environment. (…) They are produced quickly, inexpensively, and for an immediate purpose; they are not meant to decorate, or to effect artistic grandeur, but to inform and educate. (Chaffee 1993)
Allo stesso tempo, i murales di Orgosolo sono rappresentativi di un fenomeno, quello della costruzione di un’identità linguistica, che non trova molto riscontro a livello mediatico nazionale e che necessita di passare attraverso ulteriori canali, per così dire, “alternativi” ma ugualmente di impatto:
Lacking access to the conventional media or the financial means to engage in high-technology propaganda, marginalized collectives are motivated to seek alternative means for achieving sociopolitical recognition and expression. (ibid.)
Inoltre, sebbene il sardo sia stato ufficialmente riconosciuto come lingua da tutelare da leggi sia a livello nazionale che regionale e non abbia una storia di forte repressione linguistica (come, per esempio, è stato in passato per il basco, il catalano e il galiziano in Spagna), rimane il fatto che ad oggi non riesce a trovare uno spazio nella vita pubblica a tutto tondo, in primis nella scuola, dove il sardo non è né materia né lingua d’insegnamento ufficiale (come riporta il sito della Regione: “L'apprendimento della lingua non è curricolarizzato né è inserito all'interno dei programmi scolastici ufficiali. La Regione finanzia attività aggiuntive che comportano lo studio della lingua, ma anche programmi culturali più generali sulla cultura sarda.”), con il rischio concreto di non poter andare oltre la semplice situazione di diglossia.
L’arte di strada rimane, dunque, un canale di comunicazione importante, strettamente legata al territorio e fruibile da tutti coloro che vi passano, autoctoni o meno, con lo scopo generale di sensibilizzare i suoi destinatari. In altre parole, “[s]treet art can be a means to inspire people, to energize them, to raise spirits and generate morale” (ibid.).
Fig. 23
Tutte le nazioni scrivono e stampano i libri nelle loro lingue naturali… / E poiché la lingua latino-sarda è chiara e intelligibile più di quanto si creda rispetto alle altre lingue volgari.
Un caso peculiare, che merita di essere brevemente trattato, è il murale della figura 23. È un interessante caso di extratestualità perché riporta una citazione di Giovanni Matteo Garipa, un sacerdote nato nel 1580 a Orgosolo, il quale si occupò già allora della questione linguistica del sardo. Scrisse opere letterarie in sardo e credeva fermamente nella necessità di affermazione del sardo come lingua che, sviluppatasi e in seguito distintasi dal latino, era a tutti gli effetti in grado di essere utilizzata come lingua scritta e “alta”.
Oltre alla street art legalizzata (e organizzata), esistono anche esemplari di graffiti (fig. 24 e 25) che sono opera di singoli o piccoli gruppi di writer non professionisti. Questi si trovano solitamente in aree degradate della Sardegna e non fanno parte di un movimento artistico-culturale come quello di Orgosolo. Ciononostante, utilizzano allo stesso modo il muro come mezzo di comunicazione, diventando parte di un fenomeno di linguistic landscaping che vuole spesso andare al di là del semplice ruolo informativo e affermarsi piuttosto come “symbolic marker communicating the relative power and status of linguistic communities in a given territory” (Ben-Rafael et al. 2010). Si crea, in questo modo, un continuum tra cartelli stradali, insegne e street art, ognuno dei quali vuole porre l’accento su vari aspetti dell’identità sarda. Tra questi, la lingua.
Fig. 24
Fig. 25
- Il sardo come lingua del web
Come riporta il sito web della Regione Sardegna:
L'articolo 14 della legge regionale 26/97 finanzia progetti di comunicazione sui mass media in lingua sarda. In particolare la Regione contribuisce finanziariamente, anche attraverso convenzioni e partecipazioni societarie, alla produzione e alla diffusione di programmi radiofonici e televisivi, nonché a pubblicazioni su testate giornalistiche in lingua sarda.
Ai tempi della legge 26/97 Internet non era diffuso come adesso, ma è da notare che ad oggi il sardo ha una sua visibilità anche nel web. Esistono riviste pubblicate sia in versione cartacea sia in versione elettronica (un esempio è la rivista Eja), case editrici che si pubblicizzano nel web (il sito della Condaghes ha una versione interamente in lingua sarda) e portali di vario genere, fruibili solo in lingua sarda, che si occupano soprattutto della questione linguistica (su Salimbasarda.net e Tempusnostru.it si promuove l’uso della Limba Sarda Comuna, mentre in Sardu.net e Acalisa.org si usa la varietà campidanese – questi ultimi non parlano di sa limba, bensì di sa lingua sarda). Per non parlare dei numerosi blog, che spopolano in Internet e che propongono, in modo più o meno informale, dibattiti, ma anche idee per il futuro dell’identità linguistica sarda; per fare questo traspare con frequenza, tra chi scrive e/o commenta, il bisogno di alternare tra l’italiano e il sardo, un bisogno che dà luogo a delle situazioni di vero e proprio code switching:
Si creint mraxanis, ma funt sciacallus.
Ve li ricordate gli strenui difensori della diversità linguistica in Sardegna?
Eja, quella confraternita di linguisti, mezzi linguisti, linguisticchi (…) e quacquaraquà?
Eja, mi, quelli che erano sempre sulle barricate a difendere il campadano, ma anche il gallurese, il tatarese e il tabarchino, minacciati dalla LSC galoppante?
Se poi navighiamo tra le pagine web istituzionali (sia dei comuni che delle province sarde), vediamo che nessuna di queste dispone di una versione interamente in sardo, cosicché è l’italiano a dominare, rimanendo la lingua prediletta per comunicare in rete con i cittadini. Un’eccezione è il sito regionale dedicato alla cultura (http://www.sardegnacultura.it), il quale riporta nella home page, in alto a destra, il link alla Bortadura in sardu, attraverso cui poter passare alla versione in sardo. Altre eccezioni, per ovvi motivi, sono le pagine dei cosiddetti sportelli linguistici, che fungono da punti di sostegno e promozione del sardo sul territorio della provincia (ad esempio quello di Oristano, Nuoro e Cagliari), sebbene molto diversi fra loro in termini di qualità e quantità di materiale informativo o didattico disponibile.
Ancora una volta emerge la problematica di un’identità linguistica spaccata a metà, se non addirittura frammentata, a cui spesso corrispondono proposte da parte di studiosi desiderosi di un’unificazione linguistica che non nega le differenze interne ma, al contrario, ne riconosce la ricchezza. Un esempio recente è il Dizionario universale della lingua di Sardegna, redatto da Antonino Rubattu sulle orme di studiosi come Wagner, in cui per ogni lemma si elencano le diverse varianti sarde. Inoltre, sul sito Internet dello stesso Rubattu (www.antoninurubattu.it), nella sezione dedicata alla scuola, si possono trovare delle schede didattiche, gratuite da scaricare e ideate in ben cinque varianti (logudorese, nuorese, campidanese, sassarese e gallurese): un altro modo per rimediare alle differenze sostanziali non solo di pronuncia, ma anche di lessico e morfologia.
Infine, non possiamo parlare di presenza nel web senza citare un importante luogo d’incontro virtuale per le lingue e i dialetti di tutto il mondo, Wikipedia. Qui il sardo, nella lista delle lingue utilizzate, compare al 157° posto con 5178 articoli (si trova poco sotto la metà della classifica e, curiosamente, dietro al corso di un punto). Gli articoli sono principalmente redatti nella limba sarda promossa dalla Regione e, nella home page ad essa dedicata, ritroviamo i collegamenti ai correttori automatici già citati prima, come sostegno al processo di scrittura. Tuttavia, entrando nei singoli articoli, ci rendiamo conto di un fenomeno singolare: esistono dei sotto-articoli scritti in altre varietà sarde, talvolta fino a tre, che riassumono il contenuto dell’articolo principale (un esempio lo si può trovare nella pagina dedicata proprio alla Sardegna). Da Wikipedia non è dato capire quanti siano effettivamente questi sotto-articoli, supponiamo pochi, ma ci basterà per il momento per descrivere emblematicamente la situazione linguistica attuale della Sardegna: una minoranza con al suo interno altre minoranze.
- Prospettive future
Con il presente lavoro/saggio ho voluto suggerire una fotografia della situazione linguistica in Sardegna, in particolare in rapporto al suo territorio. Esistono possibili politiche di intervento che potrebbero migliorare la situazione, ma è chiaro che è ancora difficile immaginare o fare pronostici sul futuro della lingua sarda. Ad ogni modo, in linea generale si è potuta verficare una certa vitalità del sardo, il quale, oltre ad avere un suo spazio sul territorio (non solo quello fisico ma anche quello virtuale), avrebbe le carte in regola per una propria affermazione al pari di altre lingue minoritarie più “fortunate”:
für ihre Offizialisierung spielt die Raumbindung der Sprachen eine entscheidende Rolle (…). Zu unterscheiden sind die Segmentierung eines Staatsgebiets in komplementäre und gleichberechtigte Territorien oder aber die supplementäre Anerkennung von Sprachen (…), die jedoch hierarchisch einer dominanten ‚Nationalsprache’ nachgeordnet sind. (Krefeld 2011)
Prima di tutto, i tratti isolani della regione la rendono facilmente separabile dal “resto” d’Italia ed esiste un’identità comune, un generale sentirsi “sardi”, a prescindere dall’area di provenienza (si parla praticamente sempre di sardo e di sardi). Se l’identità della Sardegna appare complessivamente unita, è quindi anche grazie alle tradizioni, al territorio e, soprattutto, alla diffusione di un italiano regionale (è forse questo a rendere i sardi uniti, più che la lingua sarda stessa).
Tuttavia, se da una parte l’identità sarda non presenta pericoli, dall’altra, secoli di dominanze e di dialettizzazione del sardo, hanno reso quest’ultimo fortemente libero di adattarsi ed evolversi, portandolo all’attuale frammentazione. A questo proposito, è sintomatico il fatto che persino l’UNESCO, nella mappa delle lingue del mondo a rischio di estinzione, non etichetta un unico sardo, bensì le sue varianti (campidanese, sasserese, logudorese e gallurese), come “chiaramente in pericolo” (definitely endangered), uno stadio superiore a quello di vulnerabilità (segnati come “vulnerabili” sono, per esempio, il veneziano e il bavarese). Un pericolo che L’UNESCO non vede come un processo certo e inarrestabile, bensì come una situazione riparabile:
this process is neither inevitable nor irreversible: well-planned and implemented language policies can bolster the ongoing efforts of speaker communities to maintain or revitalize their mother tongues and pass them on to younger generations. (Sito dell'UNESCO)
Rimane quindi chiara l’esigenza di un intervento ulteriore e serio, a partire dalle scuole, che penetri soprattutto nei luoghi del “potere” (le istituzioni, l’ambiente lavorativo, ecc.), per non compromettere prima di tutto lo status della lingua sarda e delle sue innegabili varietà. Con la consapevolezza che le distinzioni sono inevitabili e rispecchiano un’identità linguistica comune sarda non fissabile una volta per tutte:
Le distanze strutturali tra le varietà del sardo sono quelle che sono e, tramite la dialettologia computazionale, misurate in modo oggettivo e verificabile. E così anche le distanze tra italiano regionale e italiano standard. Esistono, cioè, dei limiti linguistici e sociali oggettivi all’identità psicologica, culturale, politica di un individuo sardo. (Bolognesi 2013)
Fonti delle immagini
[1] Wikipedia, l'enciclopedia libera. <https://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_sarda>
[2] Consorzio turistico Sa Perda ‘e Iddocca. <http://www.iddocca.it/>
[3] Wikipedia, l'enciclopedia libera. <https://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_sarda>
[4] L’Indipendenza Nuova. Quotidiano Online del Lombardo Veneto. <http://www.lindipendenzanuova.com/lo-stato-impone-di-togliere-i-cartelli-in-sardo/>
[5] Blog Tottus in pari. <http://tottusinpari.blog.tiscali.it/2013/08/06/i-cartelli-in-limba-e-la-sardofobia-vietati-i-toponimi-bilingue-lo-stato-li-mette-fuori-legge/>
[6] Olbia.it. <http://www.olbia.it/olbia-e-la-sua-storia-arrivata-la-cartellonistica-con-i-toponimi-storici/>
[7] Viquipèdia. L’enciclopèdia lliure. <https://ca.wikipedia.org/wiki/Agermanament>
[8] Blog via maxima. <http://viamaxima.altervista.org/>
[9] San Gavino Monreale.Net. <http://www.sangavinomonreale.net/2013/07/30/lo-stato-chiede-la-rimozione-dei-cartelli-in-sardo/>
[10] Blog di Gabob. <http://gabob.altervista.org/blog/storia-della-lingua-sarda/>
[11] Blog gianfrancopintore. <http://gianfrancopintore.blogspot.de/>
[12] Sardegna DigitalLibrary. <http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.html>
[13] Forma Paris: Sportello linguistico per la lingua sarda dell’Università degli Studi di Cagliari. <http://www.formaparis.com/>
[14] Wikipedia, l'enciclopedia libera. <https://it.wikipedia.org/wiki/Pozzomaggiore>
[15] Impàri. <http://www.impari-sardinia.com/index.php/collaborazioni/comune-di-fluminimaggiore-campagna-ambientale/>
[16] SardegnaCultura. <http://www.sardegnacultura.it/cds/cros-lsc/>
[17] Comune di Montresta. <http://www.montresta.org/mostra_gallery.php?nome_gallery=Murales%20di%20Montresta>
[18]-[19] Italia. Sito ufficiale del turismo in Italia. <www.italia.it/it/idee-di-viaggio/arte-e.../i-murales-di-orgosolo.html>
[20] Fotografiaeitalia.it. <http://www.fotografieitalia.it/foto.cfm?idfoto=19992&idfotografo=1849&crono=1>
[21] Ivan Sgualdini photography. <http://www.ivansgualdini.it/wordpress/photo-albums/sardegna/localita/tinnura-e-i-murales/>
[22] Mulini a vento. Il Blog di Stefania Calledda. <http://www.stefaniacalledda.it/muliniavento/2013/01/in-sardegna-non-ce-il-mare/>
[23] Foto di Sardegna. <http://www.fotosardegna.net/murales.php?idpag=25>
[24] Limba Sarda 2.0. Diàriu de su movimento linguìsticu. <http://salimbasarda.net/>
[25] Sardegna Abbandonata. Guida ai luoghi abbandonati della Sardegna. <http://www.sardegnaabbandonata.it/di-segni/>
Riferimenti bibliografici
Ben-Rafael et al. (Hrsg.) (2010): Linguistic Landscape in the City. Bristol: MPG Books.
Bolognesi, Roberto (2013): Le identità linguistiche dei sardi. Cagliari: Condaghes.
Chaffee, Lyman G. (1993): Political Protest and Street Art. Westport, Conn.: Greenwood Press.
Contini, Michele (1993): Parlare e Scrivere il Sardo. Sassari: Editrice Democratica Sarda.
Dedola, Salvatore (2012): La Toponomastica in Sardegna. Dolianova (CA): Grafica del Parteolla.
Ferrer, Eduardo Blasco (1986): La lingua sarda contemporanea. Cagliari: Edizioni della Torre.
Ferrer, Eduardo Blasco (2011): “La Limba Sarda Comuna”. In: Lexikon, Varietät, Philologie: Romanistische Studien, Anja Overbeck, Wolfgang Schweickhard e Harald Völker (Hrsg.). Berlin/Boston: De Gruyter.
Krefeld, Thomas (2011): “Der Ort des Sprachenrechts im kommunikativen Raum (und die migratorische Herausforderung)”. In: Recht der Jugend und des Bildungswesens 1/2011: S. 55-63.
Wagner, Max Leopold (1980): La lingua sarda. Seconda ed. Bern: A. Francke AG.
lavoro molto bello; mi piacerebbe verderlo con status ‚pubblico‘, quindi accessibile a tutti; d’accordo?
forse d´sarebbe utile precisare la fonte sempre direttamente sotto le fig., a condizione che siano licenziate.
seguono pochi commenti (qc. anche sul testo scritto in arancione):
– usare gli formatti disponibili in WordPress per la gerarchia dei sottotitoli
– „segnaletica stradale, dell’arte (in primis di strada)“ –> intende verso una segnaletica bilingue e monoling. sarda? forse prendere posizione
– „per esempio campagne di sensibilizzazione per l’ambiente, come quella messa in atto dal comune di Fluminimaggiore nella provincia di Carbonia-Iglesias“ –> in zona campidanese (cioè meno sardofona)
Grazie mille dei commenti. Ho cambiato lo status rendendolo pubblico e corretto la parte segnata in arancione. Per quanto riguarda l’ultimo punto, secondo le statistiche pubblicate dalla regione (di cui sopra):
– la zona campidanese sembra meno sardofona di quella logudorese ma non di tanto (nel logudorese la competenza attiva è del 76%, mentre nel campidanese del 68%);
– tuttavia: la competenza passiva pare maggiore in area campidanese (27,7% contro 21,9%) e appaiono più sardofoni i piccoli comuni del Campidanese (fino a 20.000 abitanti – Fluminimaggiore è uno di questi) che del Logudorese.
Statistiche a parte, quest’ultimo punto credo rispecchi effettivamente la realtà. Per esperienza personale, infatti, ho sempre avvertito la provincia di Carbonia-Iglesias come un’area molto sardofona, e anche con un certo orgoglio da parte dei suoi abitanti.
Forse è la zona di Cagliari a perdere tantissimo l’uso del sardo (nelle statistiche viene dopo Nuoro, Alghero e Olbia). Sarebbe interessante se qualcuno studiasse (forse è già stato fatto?) il rapporto del sardo tra i cagliaritani e magari cercare di capire se lo stesso destino è riservato anche ai centri più piccoli del Campidanese. Mi auguro chiaramente di no!